Mi querida amiga Anita Altamirano me envió este homenaje para su esposo por siempre Juan Antonio Gianelli Company , y un detenido desaparecido .Desde su partida Anita busca una respuesta a la terrible tragedia de su amado.Sé que nada podrá mitigar el dolor ,que nunca te conformarás ,por eso te quiero y te respeto querida amiga.Un tremendo abrazo para ti.Espero que pronto podamos encontrarnos todas con nuestras historias.
Patricia Muñoz García
Juan Antonio Gianelli Company: un professore contro la dittatura
Las palabras son como un conjunto de sentido y de emociones. Las palabras parecidas a la bella música de una cueca tocada en un día de fiesta. Las palabras que corren por la calle, mensajeras del porvenir. Palabras que se paran en la garganta por la rabia y la frustración. Palabras construyendo futuro. Las palabras para los niños que tienen el aroma de galletas recién horneadas deslizan de mi boca y abren un mundo desconocido. Alumnos que se pierden entre mis palabras. Las palabras razonadas y las dichas con ímpetu. Palabras como nubes llenas de lluvia lista para la tormenta. Palabras a cubrir el silencio y el vacío de duelo y terror. Palabras borradas, olvidadas en un nuevo diccionario truncado por la dictadura que quiere imponer un lenguaje despojado de humanidad, en el que existen solo palabras de odio, de tortura y de ordenes militares. Un nuevo diccionario centrado en la palabra desaparición y en el verbo desaparecer. Desaparecían las personas, desaparecían las palabras, desaparecía la esperanza, desaparecían los días felices. Lo que permanece es el espanto, la incertidumbre y la violencia. Las palabras revolucionarias que se oían de la voz de los compañeros están silenciadas. Las palabras de un entero País rehén de la máquina del régimen. En las escuelas y en los colegios se cementan las fundamentas del nuevo léxico, se averigua y experimenta nuevas formas de expresarse: palabras siervas de la dictadura. Pero en la clandestinidad encuentras palabras que con tenacidad resisten, crean una micro sociedad luchadora y en revuelta permanente. Palabras como barricada de una guerra no guerra como la que estamos viviendo, un escudo contra un estado que apunta a aniquilar nuestra generación al mismo tiempo soñadora y combativa.
Me llamo Juan Antonio Gianelli Company, soy militante del Partido Comunista, soy casado y tengo hijos. Soy profesor y un tiempo fui bailarín folklorico. Me encantaba bailar la cueca. Mis alumnos están entre las riquezas más grandes que tuve. Todos los niños tiene el derecho a acceder a la educación, todos los niños tienen las mismas capacidades de aprendizaje a pesar de las peculiaridades individuales. La escuela tiene que ser abierta a todos, no tiene que ser como un lugar que atienda solo a los ricos o a los que la sociedad define como “normales”, tiene que ser un recinto que incluye sin ninguna distinción, que no margina a los niños que tienen dificultades, sino los hace protagonistas y los enseña a actuar con conciencia críticas para convertirse en ciudadanos reflexivos y capaz de formular un propio pensamiento. Un 26 de julio de 1976 me sacaron de mi escuela, eran los malditos milicos, mi alumnos obligados a ver que me llevaban hacia un rumbo desconocido. El terror en sus caras nunca lo olvidaré.
Las palabras todo lo que queda de mi existencia, palabras traídas por el viento que sopla sin tregua. Las palabras de un detenido desaparecido adquieren todo un otro sentido. Son palabras fuertes, valientes, rebeldes que redan el tiempo y la dictadura. Gritos de denuncia, de amor y de lucha hasta un cielo callado y cobarde. Son el ruido que se alzan desde el fondo de la tierra en las que estamos sepultados o desde el fondo del mar en el que nos tiraron. Son la mirada indagadora de nuestros seres queridos que siguen pidiendo verdad y justicia. Son la eterna búsqueda. Las palabras permanecen nuestro legado que dejamos a la sociedad para que no vuelva a pasar lo que nos pasó.
Soy Juan Antonio Gianelli Company soy las palabras de mi amado Chile.
(Le parole sono come un insieme di significati ed emozioni. Le parole simili alla bella musica di una cueca suonata nei giorni di festa. Le parole che corrono per strada, messaggeri del futuro. Parole che si fermano in gola con rabbia e frustrazione. Parole che costruiscono il futuro. Parole per bambini che hanno il profumo dei biscotti appena sfornati scivolano dalla mia bocca e aprono un mondo sconosciuto. Studenti che si perdono nelle mie parole. Le parole ragionate e quelle dette con impeto. Parole come nuvole cariche di pioggia pronte per la tempesta. Parole per coprire il silenzio e il vuoto del lutto e del terrore. Parole cancellate, dimenticate in un nuovo dizionario troncato dalla dittatura che vuole imporre un linguaggio spogliato d’umanità, in cui ci sono solo parole di odio, tortura e ordini militari. Un nuovo dizionario incentrato sulla parola sparizione e il verbo sparire. Le persone sono scomparse, le parole sono scomparse, la speranza è scomparsa, i giorni felici sono scomparsi. Ciò che resta è il terrore, l'incertezza e la violenza. Le parole rivoluzionarie udite dalla voce dei compagni sono messe a tacere. Le parole di un intero Paese ostaggio della macchina del regime. Nelle scuole e nei collegi si cementano le basi del nuovo lessico, si scoprono e si sperimentano nuovi modi di esprimersi: parole che sono al servizio della dittatura. Ma nella clandestinità trovi parole che resistono tenacemente, creano una micro-società combattiva e in perenne rivolta. Parole come la barricata di una guerra non una guerra come quella che stiamo vivendo, uno scudo contro uno stato che mira ad annientare la nostra generazione allo stesso tempo sognatrice e combattiva.
Mi chiamo Juan Antonio Gianelli, sono iscritto al Partito Comunista, sono sposato e ho dei figli. Sono un insegnante e per un periodo sono stato un ballerino folk. Amavo ballare la cueca. I miei studenti sono tra le più grandi ricchezze che abbia mai avuto. Tutti i bambini hanno il diritto di accedere all'istruzione, tutti i bambini hanno le stesse capacità di apprendimento nonostante le peculiarità individuali. La scuola deve essere aperta a tutti, non deve essere come un luogo che si rivolge solo ai ricchi o a quelli che la società definisce "normali", deve essere un luogo che include senza distinzione, che non emargina bambini che hanno difficoltà, ma li rende protagonisti e insegna loro ad agire con consapevolezza critica per diventare cittadini riflessivi e capaci di formulare il proprio pensiero. Il 26 luglio 1976 mi hanno portato fuori dalla mia scuola, erano quei maledetti soldati, i miei studenti costretti a vedere che mi stavano portando in una direzione sconosciuta. Il terrore sui loro volti non lo dimenticherò mai.
Le parole tutto ciò che resta della mia esistenza, parole portate dal vento che soffia inesorabile. Le parole di un detenuto scomparso assumono tutt'altro significato. Sono parole forti, coraggiose, ribelli che sfidano il tempo e la dittatura. Grida di denuncia, d'amore e di lotta ad un cielo ammutolito e vigliacco. Sono il rumore che sale dal fondo della terra in cui siamo sepolti o dal fondo del mare in cui ci hanno gettato. Sono lo sguardo indagatore dei nostri cari che continuano a chiedere verità e giustizia. Sono l'eterna ricerca. Le parole rimangono la nostra eredità che lasciamo alla società affinché ciò che ci è successo non si ripeta.
Sono Juan Antonio Gianelli Company Sono le parole del mio amato Cile.)
Juan Antonio Gianelli Company nacque a Santiago il 26 ottobre 1946. Suo padre, Eduardo Augusto Gianelli aveva origini liguri e sua madre Emilia Company Nadal, arrivò in Cile dalla Catalogna con tutta la sua famiglia. Juan Antonio l’infanzia la trascorse nella Gran Avenida in compagnia dei suoi fratelli e frequentò la Escuela Ciudad del Niño. In seguito continuò la sua istruzione secondaria nell’ “Instituto Normalista Faustino Sarmiento”, diplomandosi nel 1966 con il titolo di professore.
Aveva degli occhi verdi molto belli, alto circa un metro e ottanta. Partecipò a diverse attività sociali e politiche già da molto giovane. Lavorò come dirigente nazionale ed internazionale dei professori, oltre a prestare il suo servizio nel Politécnico de Menores Alcibíades Vicencio e nelle sue casefamiglia. Parallelamente all’attività politica e sociale Juan era un ballerino folkloristico, ciò lo portò a girare l’America e l’Europa. Dopo queste esperienze entrò a far parte del gruppo d’inchiesta sul folklore Cantos y Danzas de Chile, che aveva il compito di riscattare e raccogliere la musica delle zone più isolate del Paese, specialmente di Chiloé.
Nell’intervista Anita Altamirano, vedova di Juan Antonio Gianelli, racconta: «Era una persona molto speciale. Entrò nella vita politica, sociale e sindacale molto presto. Da giovane i suoi interessi principali erano lo sport e il ballo folkloristico. Appena diventato professore gli toccò partecipare ad uno degli scioperi più lunghi della storia dell’insegnamento cileno. Allora iniziò a profilarsi la sua indole da Dirigente sociale e leader politico. Nel 1968 si formò una Embajada Artística y Cultural (delegazione artistica e culturale) che partecipò al cinquantennale della Rivoluzione Russa. Tra più di cinquanta coppie venne eletto come migliore ballerino di Cueca e, insieme alla professoressa Nelly Pávez, vennero selezionati per aggregarsi alla delegazione di artisti e intellettuali cileni assieme a, tra gli altri: Silvia Urbina, fondatrice; Víctor Jara, del gruppo Cuncumen; Patricio Manns; Dúo Rey Silva, che suonavano la chitarra e l’arpa. Tutto ciò apportò un gran cambiamento alla sua vita. Mesi dopo ci fu un gran Congreso de Educadores. Gli si avvicinò un direttore dell’istruzione appartenente al Partito Comunista e gli disse che le feste da ballo erano finite e che Juan Antonio avrebbe fatto parte di una lista di candidati alla dirigenza nazionale dell’insegnamento cileno (Dirigente Nacional del Magisterio Chileno). Sorpreso, accettò. Dopo poco successero due avvenimenti importanti. Al Quinto Congreso Nacional de la Central Única de Trabajadores, la gloriosa CUT, venne eletto dirigente nazionale. Anch’io insegnante, stavo lavorando nella commissione che organizzava il Congresso. Lì ci siamo conosciuti ed innamorati. Settimane dopo, in un congresso nazionale di professori, nella città di Los Andes venne eletto Dirigente nazionale. Era una persona con un carisma unico. Bambini, anziani, signore e ragazze, tutti e tutte s’innamoravano di lui. I suoi occhi chiari conquistavano tutti.
Il giorno che lo conobbi, mi avevano chiesto di organizzare un circolo artistico per intrattenere una delegazione giovanile proveniente da Praga. Andai alla Casa della Musica per contattare gli artisti. All’ingresso trovai Patricio Manns e gli spiegai il motivo per cui ero lì. Egli mi rispose che quel giorno aveva una riunione con gli artisti ma il ragazzo che stava lì mi avrebbe potuta aiutare. Il giovane era molto galante con i suoi begli occhi verdi e splendenti che mi guardavano, iniziò a conquistarmi. Io non lo presi molto in considerazione. Mi chiese che rapporti avessi con gli sportivi cecoslovacchi e gli raccontai che facevo parte dell’ “Instituto Chileno – Checoslovaco de Cultura”. Cominciò a dilungarsi e mi raccontò di una tournee che aveva fatto in Europa. Parlava, parlava, parlava, come per far breccia su di me. “Fermati, gli dissi, smetti di parlare così meravigliosamente, so chi sei, come ti chiami anche senza conoscerti perché un mio cugino lavora con te e ogni volta che viene a casa mia sempre parla del suo collega così giovane e brillante sia come persona che nel lavoro”. Da quel giorno rimanemmo in contatto e dopo poco avevamo iniziato a frequentarci, poi ci siamo fidanzati e presto mi disse che voleva sposarmi. Ci teneva molto a me. Insisteva che ci sposassimo ma io non avevo mai pensato prima di allora a fare quel passo. Così un giorno mi disse: “Non ti chiederò più del matrimonio, il giorno che vorrai sposarmi, mi avvisi”».
Con l’arrivo del governo di Unidad Popular, nella cui campagna partecipò attivamente, Juan Antonio venne promosso al Ministero dell’Istruzione come capo politico del Partito Comunista. Lavorò nella Dirección de Educación Secundaria (direzione dell’istruzione secondaria), oltre ad essere nominato referente nazionale per la salute degli insegnanti di tutto il Cile.
«Arrivò l’estate – continua Anita – e lo invitai al Sud del Cile. Passavo sempre le vacanze estive sulle sponde del lago con mio padre e i miei fratelli. I miei amici e la mia famiglia non avevano mai approvato nessun mio fidanzato. Juan Antonio li conquistò appena scendemmo dal treno (fino al 1973 il Cile aveva buoni collegamenti ferroviari da Arica a Puerto Montt, con Perù, Argentina, Bolivia che vennero distrutte all’indomani del golpe). Era un uomo molto sensibile, si preoccupava delle persone meno fortunate tanto che il suo primo lavoro come maestro fu in un Centro Politécnico de Niños, di minori emarginati sociali, bambini abbandonati e con problemi con i genitori, giovani con problemi con la giustizia. Faceva un grosso lavoro di riabilitazione. Tutto finì con l’arrivo della dittatura. Dove c’erano le casefamiglia, le scuole, i laboratori, istallarono un centro militare. Tutto ciò segnò molto la vita tranquilla e spensierata che Juan Antonio aveva. Iniziò a studiare, a seguire dei corsi per conoscere la filosofia, l’origine del Materialismo storico, la formazione dei partiti politici. Era amante della natura, visitammo molti paesi, aiutavamo gli insegnanti che dovevano venire a Santiago per la sanità, per il perfezionamento docenti e per le vacanze. Era il responsabile della salute di ogni insegnante. I viaggi al Sud gli permisero di conoscere un mondo diverso. Era abituato a muoversi nella zona centrale e urbana del Cile. Le sue vacanze erano in riva al mare a Valparaíso. Iniziava a conoscere il Sud, a seguire le mie usanze familiari. Passavamo le estati sulle sponde del lago ad Arauco, una zona molto particolare del Paese. Nei primi mesi del colpo di stato in quella provincia non vi furono morti ma solo arresti. In seguito le cose cambiarono: le imprese si appropriarono dei suoli, distruggendo il bosco nativo, cacciando la minoranza indigena del Popolo Mapuche e contaminando fiumi e laghi».
Juan Antonio venne colpito molto da tutto ciò. Dovette anche abbandonare i suoi incarichi direttivi e ritornò al suo lavoro da docente; tuttavia, per ordine del ministero, venne demansionato. Nonostante il regime, mantenne alcune attività politiche in forma clandestina, stilando una lista di compagni desaparecidos per inviarla all’estero e diffondendo notizie sul Partito Comunista sempre più disarticolato.
«Dal 1973 – prosegue Anita – iniziò a lavorare in luoghi che la dittatura e il governo gli assegnavano. Tutto ciò rese più profonde le sue convinzioni di lottare per restituire a tutti una vita migliore. Lo inviarono nelle scuole di varie parti del Paese. Juan Antonio così allegro, tanto animoso e pieno di forza di volontà, che organizzava gruppi di ballo nelle scuole, gruppi sportivi nei quartieri, stravolse completamente il suo carattere e il suo atteggiamento».
Al momento della sua scomparsa, il 26 luglio 1976, era al lavoro nella Escuela 24 de Niñas di Santiago. Quel pomeriggio doveva trovarsi con sua moglie nella Alameda per andare al compleanno di sua suocera, ma a quell’appuntamento non arrivò mai. Secondo i suoi alunni che assistettero al suo arresto, un gruppo di uomini del Comando Conjunto andarono a prenderlo a scuola con il pretesto di dargli un incarico al Sud e lo introdussero in un furgone che lo lasciò davanti al Teatro Municipal. Altri testimoni dichiararono che dopo venne trasferito a La Firma. Si pensa che stette più di un anno detenuto nelle mani della FACh e secondo la testimonianza di un disertore soprannominato “El Papudo”, Juan venne giustiziato sulla collina di Barriga.
Conclude Anita: «Era una bella, solidale e gran persona, che un 26 luglio del 1976, mentre tornava da scuola dopo le vacanze invernali, venne catturato e portato via dalla sua scuola dal Comando Conjunto, un servizio segreto parallelo alla DINA, sequestrato, ucciso e fatto scomparire. Dopo più di trent’anni venimmo a sapere che venne desotterrato e gettato in mare davanti al porto di San Antonio».
¡JUAN ANTONIO GIANELLI COMPANY PRESENTE AHORA Y SIEMPRE!
¡HONOR Y GLORIA ETERNAS AL COMPAÑERO!
Chantal Castiglione
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